Artigianato e sottocultura, il mix che da origine a Vetra Beer

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by Gianfranco Marotta
Tempo di lettura: 4 minuti

Cosa succede se un gruppo di amici aventi uno svago in comune decide di unire le proprie capacità in funzione di trasformare una passione in un vero e proprio lavoro?

Succede che in rari casi come questo, quando ci sono gli “ingredienti” giusti, capiti un piccolo miracolo, e improvvisamente tutto gira nella direzione giusta.

 Indipendenza, manualità, studio e fantasia: quattro aggettivi con cui possiamo fare una breve panoramica di Vetra Beer, un birrificio milanese che nasce dalla volontà di quattro amici storici di rendere accessibile a tutti la “buona birra”, differenziandosi dalla concorrenza per la loro essenza di craft beer, una birra artigianale prodotta in maniera sostenibile, che rispetto al classico prodotto industriale riesce a conservare aromi e sapori originari.

Volendo omaggiare la propria giovinezza, Vetra riprende il nome di una piazza milanese, solita ai fondatori per essere stato luogo di incontri e scambi di idee durante gli anni universitari: piazza della Vetra è stata anche simbolo della controcultura, dell’underground, di uno stile di vita alternativo che i ragazzi del birrificio hanno cercato di esprimere con la loro bevanda; di fatto, la birra Vetra si propone come anticonformismo alla tradizionale idea di svago della città di Milano, dove l’aperitivo è ancora il caposaldo, irrompendo nei contesti sociali per promuovere quella vecchia forma di appuntamento più rude, riproponendo l’idea di una birra sorseggiata per strada, su una panchina, insieme al gruppo di amici di sempre.

Nonostante le origini comasche, i fondatori hanno scelto Milano come sede del birrificio, essendosi precedentemente avvicinati al capoluogo per motivi di studio o di lavoro, tuttavia l’inserimento nel mercato risultò particolarmente complesso a causa delle proprietà delle acque milanesi, poco adatte alla produzione di birra a causa della quantità di sali presenti nella formula.

Per questo motivo, a seguito di una mappatura del territorio, trasferirono il laboratorio più a nord, nel comune di Caronno Pertusella, in provincia di Varese, la cui sorgente si adatta perfettamente alle esigenze del laboratorio.

La prima produzione indipendente risale al 2014, ma è solo nel 2016 che l’idea ha cominciato a prendere forma, grazie all’impiego di un impianto su misura studiato appositamente per soddisfare le molteplici necessità.

Stefano Simonelli è il mastro birraio che controlla le redini del processo: la sua avventura nel mondo della birra ha inizio quando all’età di 19 anni si iscrive alla facoltà di chimica, e in cerca di un lavoro estivo per sostenere i costi degli studi, si avvicina ad un rinomato locale di produzione di birra artigianale, uno dei primi microbirrifici italiani.

Da qui inizia come aiuto birraio, ed è bastato pochissimo per farsi conquistare dai processi di creazione della birra e da tutto il mondo che la circonda: “Nessun lavoro mi ha mai entusiasmato così tanto: dopo aver iniziato questo percorso ho anche modificato gli studi, ho viaggiato per fare nuove esperienze nel settore e ho dedicato gran parte del mio tempo nello studio della birra, non con accezione industriale ma seguendo l’idea che ad oggi cerco di mantenere, ovvero un prodotto integro, non pastorizzato, non filtrato, che possa avere delle caratteristiche organolettiche capaci di rendere la complessità della ricetta.” – afferma Stefano durante il nostro incontro.

Tra gli studi c’è sicuramente una riflessione su quale tecnologia potesse essere congruente con la sua idea di birra: per questo, il mastro birraio decide di collaborare con un’azienda trentina specializzata in lavorazione dell’acciaio per sviluppare un sistema all’avanguardia, un impianto versatile capace di seguire le molteplici ricette e allo stesso tempo essere attento agli sprechi di acqua e materiale vario.

Un congegno, come giusto che sia, in grado di unire l’artigianale con il sostenibile.

Entrare nel mondo di Vetra Beer significa non poter ignorare l’estetica delle loro birre, forme punk che si uniscono a colori pop, disegni che esprimono il background da cui sono partiti i fondatori: si tratta di quella controtendenza espressa più volte nelle intenzioni, ma che raggiunge il culmine nella produzione stilistica.

Il progetto Wondercraft ne è un esempio, che con le sue grafiche psichedeliche miscela il grunge con la new wave, e si fa portavoce della volontà di intendere una birra come prodotto inclusivo anziché esclusivo, accessibile a tutti e in grado di unire le persone: nasce a seguito di varie partecipazioni a festival internazionali dedicati al mondo della birra, e volendo promuovere la collaborazione tra produttori, ogni birra Wondercraft è stata realizzata in coproduzione con un birrificio nazionale e straniero.

Per Stefano, la forte componente artigianale è ciò che contraddistingue la sua azienda.

Nonostante abbia una storia da raccontare ed un aspetto artistico fedele, la birra deve mantenere il suo significato originario: essere facile da bere, capace di infondere una sensazione di freschezza ed equilibrio tra i gusti.

Coloro che non amano la birra sono ancora in grado di partire alla ricerca della cervogia perfetta, sperimentando la varietà di gusti e ricette, per questo è importante farne esperienza anche durante i viaggi e scoprire quanto studio ed impegno vogliano dire solo quattro ingredienti.

Soddisfare la propria curiosità è un elemento importantissimo per la crescita, per questo motivo vi invitiamo a scoprire l’offerta di Vetra Beer, un progetto che unisce la tradizione della manualità all’innovazione delle tecniche, la miscela perfetta per godere di un prodotto che nasce dalla passione stessa.

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